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martedì 5 aprile 2011

A tu per tu con Bob Cappelli, ex compagno di banco di Antonio Cassano

Antonio Cassano
© foto di Roberto Gabriele
Il Bari non vive certamente giorni felici, sotto tutti i punti di vista. Dai risultati ai problemi societari, questo è davvero un periodo con pochi sorrisi un casa biancorossa. Una squadra, una città, in lutto da mesi per una retrocessione annunciata da tempo. A nulla è servito il cordoglio, il dispiacere espresso da tanti ex del galletto, come Antonio Cassano, incontrato e sfidato meno di un mese fa in quel di San Siro. Il Pibe de Bari Vecchia, nonostante il gol che non permise al Bari di raggiungere la vittoria, si mostrò incredulo e dispiaciuto per la situazione dei biancorossi. Un giocatore, una bandiera mai dimenticata dalle parti del capoluogo pugliese, che ne ricorda le gesta e i capolavori in campo.

Per rivivere un po di quel magnifico campione che è Antonio Cassano, la redazione di TuttoBari.com ha voluto dare voce a Bob Cappelli, ex compagno di scuola del numero novantanove rossonero. Aneddoti, curiosità e ricordi, racchiusi in questa intervista.

Salve Bob. Come in pochi sapranno, sei stato compagno di banco di Cassano durante il percorso delle scuole medie. Quali emozione provi ora che vedi il tuo ex compagno calcare i grandi palcoscenici della serie A? "Le emozioni? Molte, la vita riserva sempre delle sorprese. Chi lo avrebbe mai immaginato che un ragazzo semplice, senza molte pretese, potesse diventare un grande campione nel mondo del calcio. Mi ricordo benissimo il primo giorno che lo incontrai, era in prima media, lui era ripetente; stava seduto sul primo banco solo, intimidito ed annoiato con questi capelli arruffati e biondi e con la sua classica tuta sportiva. Nessuno sapeva chi fosse e che facesse. Ricordo che per una settimana non parlò con nessuno dopodiché esplose in tutta la sua cassanità. Parlava sempre di calcio e vedeva con ammirazione la figurina di Francesco Totti come se già prevedesse in futuro di giocarci insieme. Voleva essere sempre il protagonista nel bene o nel male, ma fondamentalmente era una persona buona. Ricordo che l'ora di educazione fisica per lui era una valvola di sfogo e si divertiva con il pallone di pallavolo a dribblarci tutti. Non scorderò mai i palleggi con un arancio caduto da un balcone...si vedeva già che era un fuoriclasse".

Raccontaci qualche aneddoto della vostra amicizia... "Io ero legato a lui anche perchè percepivo che nell'ambiente scolastico era considerato da alcuni un reietto della società ed era emarginato. Lui esprimeva il suo affetto in mille modi con risate o con mazzate, era il suo modo di fare. Era difficile che qualche amichetto lo invitasse a qualche festa di compleanno, tranne una volta che lo andai a prendere con mio padre da Bari vecchia e ricordo che ci vedeva con ammirazione e il giorno dopo raccontava a tutti che papà aveva una macchina bellissima (una fiat croma scassata), il fatto curioso è che ora, lui ha un paio di Ferrari. Organizzavamo anche alcune partitelle con i compagni di classe, lui veniva di nascosto poiché la società gli proibiva di giocare. Ricordo che un giorno venne con il completo del Cesena, però gli stava meglio quello biancorosso. Un giorno sentii una professoressa che si lamentava di Cassano e che aveva parlato con il suo allenatore (Tavarilli). L'insegnante disse a Tavarilli: "Ma questo ragazzo non sa fare nulla, non sa parlare..cosa farà nella vita?" Tavarilli rispose:"Signora non si preoccupi, Antonio diventerà uno dei calciatori più forti del mondo". Comunque di curiosità di quel periodo c'è ne sono tante; ora vi dico una cosa carina che non ha scritto nel libro... noi facevamo la gara di note. Cosa vuol dire? Ogni nota era un punto e in base alla classifica determinavamo chi aveva vinto il campionato e i vari posti per la Champions e la Uefa...Cassano vinceva sempre lo scudetto con circa 60 punti, io ero sempre in zona Champions a quota 50".

Conoscendolo, pensi potrebbe tornare a Bari nella fase conclusiva della sua carriera? "Secondo me no. Lo dico perché penso che non ami molto l'As Bari dal punto di vista societario, io credo che sia sentito sfruttato da loro. Poi mai dire mai".

Stai per diventare agente di calcio, credi che a Bari ci siano talenti che possano far strada? "Si è vero, presto farò l'esame. Penso che sia uno sbocco interessante dal punto di vista lavorativo. Credo che a Bari ci siano talenti nascosti in ogni angolo di strada. Bari mi ricorda Rio de Janeiro, un posto che conosco benissimo, dove ho anche vissuto per un pò di tempo. Sono due città simili dove il calcio scorre nelle vene. È facilissimo vedere bambini che giocano ore e ore per strada. Comunque nella primavera del Bari ci sono ragazzi interessanti, uno su tutti Francesco Grandolfo, attaccante classe 1992, piede sinistro con un valore di mercato di 50.000 euro circa; sentiremo parlare di lui in tempi brevi".

 Come vedi il calcio barese? "Non lo vedo, mancano idee e progetti volti a valorizzare la più grande passione del popolo barese, come tutte le cose si può e si deve fare di più. D'altronde se la massima espressione del calcio barese (As Bari), che dovrebbe essere da esempio è gestita male senza cambi generazionali e soprattutto senza meritocrazia, come possiamo pretendere che le società minori possano acquisire il giusto know own per poter far meglio. Per me dovremmo creare scuole di formazione sul territorio per poter formare non solo bravi calciatori ma soprattutto bravi dirigenti. Bisogna seguire l'esempio del Real Madrid, infatti, è l'unica società sportiva professionistica al mondo ad istituire un corso di studi universitari post-laurea. Per informazione, nel 2006, presso l'Universidad Europea de Madrid è stata creata la Escuela de Estudios Universitarios Real Madrid, prima scuola di specializzazione sullo sport, la sua gestione, la comunicazione e la salute. Prendiamo esempio dai migliori".

Cosa credi manca al Bari per sviluppare un settore giovanile concreto? "Mancano le strutture, l'organizzazione e la voglia di poter sviluppare un progetto reale e concreto. Giorgio Perinetti voleva puntare su questo. Poi abbiamo visto che fine fanno le persone con idee e ambizioni in questa città. E' pieno di giovani promesse in giro, bisogna saper rischiare e investire sui giovani. Il Bari dovrebbe prendere esempio dalla Cantera del Barcellona. Basta fare solo alcuni nomi tra cui Carrasco, Ramon Maria Caldera, Xavi, Fàbregas, Puyol, Iniesta e Messi. Per non parlare poi delle plusvalenze che si possono ottenere puntando sulle giovani promesse. Ma questo è un problema tutto italiano...in nazionale si pensa ancora a Del Piero e a Totti.
Per carità grandi campioni, però basta."

RIPRODUZIONE DELL'INTERVISTA (ANCHE PARZIALE) CONSENTITA PREVIA CITAZIONE DELLA FONTE: WWW.TUTTOBARI.COM

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