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venerdì 24 giugno 2011

ESCLUSIVA ASBN: Altobelli: "La scalata della mia carriera è soddisfacente. Scommesse? Brutte pagine che sporcano i valori della vita"



Era soprannominato "Spillo" per la sua corporatura longilinea e per la sua bravura d'esecuzione nel saltare l'uomo e battere a rete con una velocita alquanto impressionante. Parliamo, ovviamente, del mitico Alessandro Altobelli, ex centravanti di Latina, Brescia, Inter e Juventus con 176 reti in carriera. È stato anche uno dei 23 Campioni del Mondo del 1982, nel gruppo di Enzo Bearzot, dove ha anche realizzato una rete importante in finale. Per rimembrare fasti di storia, dunque, asbarienonsolo.blogspot.com ha contattato in esclusiva l'ex punta che ha cortesemente risposto alle nostre domande.

Abbiamo conosciuto tutti l'Altobelli calciatore. Raccontaci di te al giorno d'oggi...
"Attualmente collaboro con Al Jazeera, televisione straniera che credo conoscano in molti. Essa ha preso i diritti sul calcio italiano. Poi a Brescia occupo alcuni spazi publici e gestisco trasmissioni mie. Tutto qui"

Quale il ricordo, invece, migliore della tua carriera?
"La mia carriera è stata sempre in crescita. Dalla C a diventar Campione Del Mondo: una carriera ricca ed entusiasmante, cosparsa di tante tappe. La cosa più bella è stata la spedizione, vinta, in Spagna nel '82. Il ricordo più bello della carriera è stata la sfida finale con la Germania, dove ho anche siglato una rete piuttosto pesante"

Cosa hai pensato quando hai gonfiato la porta tedesca, quel giorno?
"In quel momento lì, ho pensato che eravamo 3-0 grazie a me. Poi mi son reso conto che è stato il gol che ha dato tranquillità, sicurezza oltre che garanzia di vittoria. Un gol che mi ha permesso di divenire più importante di quello che ero. Dal dopoguerra ad oggi sono, fortunatamente, tra i primi 30 a realizzare un gol in una finale dei Mondiali e poi vincerla"

Passiamo all'attualità. Cosa si prova, da uomo di sport, a sentire gli episodi di calcio-scommesse?
"Secondo me nel calcio ci vorrebbe più etica sportiva. Rispettare l'avversario, accettare la sconfitta e apprezzare che esiste qualcuno più forte, senza dare agito a violenza o roba simile. Questo è analizzato da chi sente lo sport sano. Sono cose che lasciano perplesso. Sicuramente molte cose sono inventate, ma ci sono sempre delle piccole verità che servono per far odiare il calcio: è le scommesse sono un esempio pratico di inciviltà sportiva!"

Fino al 1990, data del tuo ritiro, hai mai avuto sospetto che qualche partita fosse stata manipolata fuori dal rettangolo verde?

"Assolutamente no. Io nelle squadre dove sono stato e ho militato calcisticamente ho notato che tutte le vittorie, pareggi e sconfitte sono arrivate sul campo. Non ho mai avuto alcun sospetto sui mie vecchi compagni e credo che non ne potrò mai avere"

Tornando ai vecchi compagni: ci si sente ancora?
"I vecchi compagni non si dimenticano mai, anche se ognuno risiede in posti differenti. Ci si sente ancora, esistono sempre i rapporti di stima e i valori che si conoscevano nel campo"

Ora ti faccio una domanda un pochino difficile. A chi devi di più? Al Latina che ti ha lanciato tra i professionisti o all'Inter che ti ha consolidato come calciatore?
"(ride) Ti dico che le mie squadre preferite erano proprio Latina e Inter, dove ho calcato i campi inizialmente. Poi è arrivata l'Inter in A. Dunque son riuscito a far tutto. Dalla C (attuale Lega Pro) fino alla A, per poi giungere alla nazionale che è un emozione indescrivibile."

Dal '95 sei stato il direttore sportivo del Padova. Carriera lasciata, però...
"Si ho fatto solo un anno e mezzo. Poco. È un bel lavoro che richiede serietà e dedizione in questo. E questo, come d'altronde la vita, regala belle soddisfazioni ed altrettante delusioni. Quando uno si impegna e fa le cose per bene deve essere soddisfatto"

Come mai è stata interrotta questa carriera?
"Il mondo del calcio è bello, simpatico e attraente per chi lo vede da fuori. Per chi è da dentro non è tutto oro che luccica. Possono avverarsi delusioni che ti segnano e tu portano a concludere qualcosa"

Quando eri ragazzo avresti mai immaginato di diventar calciatore e quali erano i tuoi idoli?
"Quando ero piccolo, tifando Inter, adoravo tutti. Non avrei mai immaginato di diventar calciatore di Brescia e Inter, giocare in Nazionale ed esser campione del mondo. Ho sempre vissuto alla giornata e ho sempre giocato al calcio per passione"

Raccontaci la prima chiamata tra i professionisti...
"Io abitavo a Sonnino dove non esisteva un campo di calcio. Un barbiere, Ventre Gaspare, ha messo insieme una squadra di ragazzi dove pagavamo e giocavamo. Da li mi ha visto il Latina ed è iniziata la mia carriera professionistica. Però è stato questo signore che inventando questa squadretta ha dato il la alla mia consacrazione. Lo ringrazierò sempre!"
Marco Fornaro

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